ROMA - L’organizzazione umanitaria INTERSOS, con i suoi team mobili, da marzo 2020 a oggi, ha effettuato circa 1.600 visite mediche e sessioni informative nei pressi delle stazioni e in alcuni edifici occupati della Capitale. Dal nuovo report dell'ONG sull’intervento a Roma durante l’emergenza emergono carenze nel sistema sanitario nei confronti delle fasce più vulnerabili della popolazione. A nove mesi dall’inizio della pandemia, tra i provvedimenti emanati per contenere i contagi non c’è ancora traccia di disposizioni per la tutela della salute espressamente rivolte alle persone senza fissa dimora, a coloro che vivono nei centri di accoglienza e agli operatori che vi lavorano.
Una possibile esperienza pilota. Proprio per dare risposte concrete a queste persone Intersos è intervenuta fin dall’inizio dell’emergenza a Roma, dove i suoi team mobili da marzo a oggi hanno condotto circa 1600 visite mediche e sessioni informative sulla pandemia davanti alle stazioni e negli edifici occupati, hanno assistito a domicilio 150 persone vulnerabili in isolamento e hanno inserito in percorsi di diagnosi e cura per il COVID-19 più di 250 persone con barriere di accesso alle cure. Il lavoro dei team mobili di Intersos a Roma ha avuto come pilastri la presenza costante sul territorio e il dialogo continuo con le comunità e con le Istituzioni sanitarie competenti. Questo approccio ha consentito di sperimentare pratiche alternative al confinamento e al distanziamento totale (impossibile per chi vive in strada) e può essere letto come una esperienza pilota di assistenza territoriale integrata (pubblico - privato sociale), transculturale (interessando sia popolazione italiana che straniera in condizione di marginalità), multidisciplinare e basata sul coinvolgimento delle comunità.
Gli effetti positivi di una riorganizzazione della sanità. Il modello di Intersos ha di fatto permesso di diagnosticare e curare persone altrimenti escluse, per vari motivi, dalla sorveglianza sanitaria e di portare avanti con successo una gestione domiciliare dei casi meno gravi, evitando il ricorso improprio e il conseguente sovraffollamento dei pronto soccorso. Il lavoro portato avanti in questi mesi è una dimostrazione concreta degli effetti positivi che potrebbe produrre una riorganizzazione del sistema di assistenza territoriale volta a implementare la sorveglianza e la gestione domiciliare dei casi meno gravi. “Ci occupiamo delle persone che il sistema sanitario continua a ignorare - spiega Antonella Torchiaro, coordinatore medico di Intersos - si tratta di persone fragili, senza fissa dimora, famiglie - straniere e italiane - che vivono negli edifici occupati e che per vari motivi non possono avere il medico di medicina generale. Ci sono arrivate anche segnalazioni da persone e famiglie in difficoltà che vivono nelle periferie della capitale e che non riuscivano a comunicare con il proprio medico di base”.
Le proposte.
Quattro mosse per garantire sorveglianza e assistenza sanitaria territoriale alle persone più vulnerabili:
1. Garantire la presenza costante di figure sanitarie sul territorio: consente di conoscere le popolazioni e stabilire un rapporto di fiducia e dialogo, creando un ponte tra le comunità e le Istituzioni sanitarie, facilitando così la comprensione del sistema e l’accesso ai servizi.
2. Garantire un approccio multidisciplinare, che tenga conto e sia in grado di rispondere alle diverse esigenze dei pazienti, attraverso un approccio di natura sociosanitaria. Nell’esperienza delle cliniche mobili INTERSOS emerge una forte interdipendenza tra approccio sanitario, attenzione alla dimensione psicologica e mediazione culturale.
3. Coinvolgere direttamente le comunità, come INTERSOS ha fatto anche in molti insediamenti spontanei ed edifici occupati, individuando e formando delle vere e proprie sentinelle sanitarie all’interno delle comunità stesse è possibile valorizzare e mettere a sistema la coesione e la capacità autogesione di singoli gruppi di persone, facilitando il passaggio di informazioni e la gestione di eventuali casi positivi.
4. Istituire centri per l’isolamento prudenziale: indispensabile per poter riprendere in piena sicurezza le accoglienze, ancora formalmente bloccate da mesi, e limitare il numero di persone che vive in condizioni igienico-sanitarie precarie.